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La Fruit valley italiana sembra essere a rischio, stando a ciò che conferma Confagricoltura. Ecco tutti i dettagli.

Fruit valley italiana, cos’è

Da sola produce oltre il 30% della frutta italiana: stiamo parlando della nota Fruit Valley, area coltivabile che si estende dalla zona di Bologna al Mare Adriatico. Le coltivazioni interessate sono kiwi, pere, albicocche e pesche, che hanno subito un rallentamento nell’ambito delle superfici coltivabili. Esse, infatti, attualmente ammontano soltanto a 44mila ettari, contro i 66mila degli ultimi 20 anni. Cambiamento climatico, ma non solo. I motivi sono molteplici, facendo riferimento anche alle alluvioni, che hanno creato ingenti danni alle coltivazioni di oltre 5.000 aziende. Si tratta di un dato che si riflette anche nell’ambito dell’export: la Fruit Valley, infatti, esporta oltre 5,3 miliardi.

L’allarme giunge direttamente da Confagricoltura, dopo la manifestazione che è stata organizzata dagli stessi nella giornata del 23 ottobre per le vie di Bologna e non solo. “Vogliamo armi contro i parassiti e contro le fitopatie, gli agrofarmaci non sono veleni. Serviranno investimenti per il miglioramento genetico e per le biotecnologie. Vogliamo risposte e risorse per ristorare gli ingenti danni subiti, altrimenti altri frutteti saranno estirpati e diventerà una piaga sociale per i nostri territori”, questa la voce di Confagricoltura.

Gli obiettivi di Confagricoltura

Ma quali sono, in sostanza, gli obiettivi di Confagricoltura in questo ambito? Come prima cosa, è utile fare una previsione dei risarcimenti in caso di danni provocati da calamità naturali, nonché favorire la liquidazione dei rimborsi. Non solo, sarà utile rinforzare l’intero sistema assicurativo, al fine di andare a favorire gli accessi alle polizze e renderle più economiche. Importanti saranno anche le concessioni delle moratorie bancarie senza addebiti, al fine di affrontare la crisi di liquidità. Servirà anche garantire sgravi contributivi sulla manodopera, al fine di calmierare il costo del lavoro, oltre a ripensare a strategie UE sull’uso di prodotti fitosanitari e sostenere l’innovazione.

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