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A dirlo è il decreto legge 51 del 2023 che estende la moratoria per i sistemi di riconoscimento facciale in Italia, almeno fino al 2025.

Stop al riconoscimento facciale

Almeno fino a 31 dicembre 2025 non sarà possibile installare impianti di video sorveglianza con sistemi di riconoscimento del viso delle persone.

Tale provvedimento, riguarda sia le autorità pubbliche che i privati. È indispensabile sottolineare però che il ministro dell’interno Piantedosi, solo alcuni mesi fa, si era espresso in favore di tali sistemi. Al momento, però, il Governo non sembra intenzionato ad intervenire. Nelle ultime settimane, invece, l’UE si è schierata contro il riconoscimento facciale.

Il riconoscimento facciale, cos’è

Il riconoscimento facciale è una tecnologia che utilizza un software specifico per analizzare le immagini delle persone sotto forma di pixel, ovvero dati che vengono interpretati da un modello matematico e confrontati con quelli ricavati da altre immagini per trovare una corrispondenza. I modelli matematici funzionano meglio se hanno a disposizione una grande quantità di immagini, ottenute grazie appunto alle riprese delle telecamere. La corrispondenza tra immagini viene ricavata dai tratti esteriori di una persona, ma in commercio esistono anche software che sono in grado di identificare una persona dalla sola andatura.

Il divieto in Italia

 Rispetto allo stop dei sistemi di riconoscimento facciale in Italia, la moratoria all’interno del provvedimento prevede un divieto esplicito e senza possibilità di deroghe soprattutto per i privati che non possono più installare sistemi di riconoscimento facciale nei negozi o sui cartelli pubblicitari.

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Al contrario, i Comuni, prima di installare le telecamere devono chiedere il parere del Garante della privacy, che ha sempre bocciato tutti i progetti presentati dalle amministrazioni. La moratoria non riguarda l’autorità giudiziaria, che non deve sottostare a nessun controllo preventivo da parte del Garante. Il parere del Garante è necessario «salvo che si tratti di trattamenti effettuati dall’autorità giudiziaria nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali nonché di quelle giudiziarie del pubblico ministero».

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