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Un patto di stabilità con regole troppo stringenti potrebbero disincentivare la transizione verde e quella digitale: tutti i dettagli

Il nuovo Patto di stabilità europeo, entrerà in vigore il 1° gennaio 2025, ma pare che non aiuterà gli investimenti nella transizione verde e digitale e nella difesa comune. Questo perché si concentrerebbe troppo sulle regole di bilancio, senza fare differenze nei confronti della spesa produttiva e quindi, di fatto, rischia di mettere a rischio gli investimenti. Tutto questo è quanto emerge da uno studio di Scope Rating (la principale agenzia di rating del credito in Europa). Secondo lo studio infatti, le nuove regole comporterebbero aggiustamenti fiscali e tagli agli investimenti pubblici in un periodo in cui le prospettive di crescita economica sono già fin troppo deboli.

Il periodo di debolezza economica

Le nuove regole entrerebbero in vigore in un momento in cui le prospettive di crescita economica a medio termine dell’UE sono già deboli attorno all’1,4%“: spiega l’agenzia. Questo significa che il rispetto delle regole significherebbe un consolidamento fiscale medio annuo di circa lo 0,8%-1,2% del PIL su un periodo di quattro anni per i paesi altamente indebitati
paesi come Italia, Belgio, Francia e Spagna.

Le regole di bilancio

Stando allo studio, le nuove norme europee si concentrerebbero troppo sulle posizioni fiscali dei singoli Paesi, valutandone i progressi di ciascuno in base alla crescita della spesa primaria netta. Questo significa che metterebbero a galla norme non adatte dalla creazione di una capacità fiscale permanente per l’offerta di beni pubblici a livello europeo.

Non solo, ma le regole di bilancio, rimangono molto complesse. Infatti, se da una parte c’è una maggiore flessibilità, dall’altra è quasi impossibile che tutto questo si traduca in una maggiore osservanza delle stesse.  Le nuove regole infatti, soddisfano solo in parte gli obiettivi che puntano a creare un quadro flessibile semplice e credibile, migliorando quello esistente.

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Per quanto riguarda la flessibilità, i piani di aggiustamento individuali sembrano non garantire esiti certi. Infatti, se da un lato incentivano le riforme e gli investimenti a favore della crescita, dall’altro offrono ai vari Stati membri la possibilità di deviare e rinviare i necessari aggiustamenti di bilancio, il che potrebbe rivelarsi negativo, soprattutto per il rating.

Il tutto viene condizionato da rating

Lo studio prevede che i vari programmi di consolidamento fiscale degli Stati europei continueranno a essere comunque influenzati dalle valutazioni degli investitori e delle agenzie di rating sulla loro affidabilità, invece che prendere in considerazione esclusivamente le nuove norme fiscali dell’UE. L’analisi inoltre, prendere in considerazione la credibilità della politica fiscale oltre che alle dinamiche del debito pubblico.

Una possibilità mancata e il compromesso politico

Nel contesto dell’Unione Europea, “un quadro fiscale credibile non dovrebbe concentrarsi solo su contesti di aggiustamento sostenibili delle posizioni di bilancio individuali” sottolinea l’analisi. Infatti dovrebbe comprendere anche la creazione della reale capacità di finanziamento permanente per affrontare in modo credibile gli investimenti digitali, verdi e le spese per la difesa europea.

Nonostante un possibile compromesso politico, il quadro economico appena descritto,  rappresenterebbe una “mancata opportunità” nell’attuale contesto geopolitico. Questo, soprattutto alla luce dei rischi conseguenti alla guerra Russia-Ucraina.

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