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Chi lavora come badante o colf può prendere in considerazione l’apertura di una Partita Iva in sostituzione al contratto di lavoro subordinato, ecco a quali condizioni.

In Italia, tra le figure professionali più ricercate c’è quella della badante, o della colf. Ad oggi si parla di alcuni milioni di persone che nel nostro Paese svolgono le funzioni di assistenti domestici.

Questo soprattutto perché nelle famiglie, complice l’invecchiamento della popolazione, c’è sempre bisogno di mantenere le persone non più autosufficienti con professionalità e competenza.

Colf e badanti qual è la differenza

Se entrambi sono inclusi nella categoria dei lavoratori domestici, tra colf e badante esiste comunque qualche differenza.

Infatti, la badante è la persona incaricata di assistere una persona del nucleo familiare, la colf è invece quella figura professionale che compie le classiche mansioni quotidiane che riguardano l’abitazione della famiglia, come riordinare, lavare, stirare, cucinare ecc.

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In molti, pensano che questo tipo di lavoratori operino sempre in modo subordinato, ovvero con contratto da dipendente della famiglia per cui lavora oppure per una società che fornisce questo tipo di servizi, ma non è sempre vero.

Colf e badanti quando è possibile aprire la Partita Iva: i pro e i contro

Esistono delle possibilità per cui badanti e colf possano lavorare anche con Partita iva, come alternativa al contratto di lavoro subordinato.

In molte preferiscono svolgere la professione di colf o badante con contratto di lavoro dipendente, il quale consente di avere garanzie come permessi, ferie, malattia pagata o tredicesima. Questo conviene molto alla badante convivente che lavora in modo fisso per un solo datore di lavoro: in questo caso chiaramente conviene di più essere regolarmente assunta che aprire la partita IVA.

Esistono però, persone che dopo aver valutato le varie alternative, preferisce comunque la partita Iva, soprattutto, considerato che oggi la domanda nel settore è molto alta. La partita IVA, infatti, prevede alcuni vantaggi che il contratto di lavoro dipendente non permette, come ad esempio la maggiore flessibilità di orari, i ricavi maggiori e l’indipendenza economica.

Non solo, ma con la partita IVA, il datore di lavoro ha meno costi da sostenere e proprio per questo motivo la colf o badante può incrementare la tariffa oraria retribuita al fine di potersi versare i contributi.

Come aprire la partita Iva

Al fine di aprire la partita IVA, è sempre meglio affidarsi ad un commercialista. Per ottenere il numero di Partita IVA è necessario compilare un modulo scaricabile online: il modello di inizio attività AA9/12, che viene utilizzato da lavoratori autonomi ed imprese individuali per comunicare l’apertura della propria partita IVA.

Ovviamente, il modulo in oggetto dovrà necessariamente compilato in modo dettagliato, prestando la dovuta attenzione al codice ATECO e al regime fiscale. Il codice ATECO è quel codice numerico, il quale individua ciascun tipo di attività di lavoro: proprio per questo è essenziale che la colf o badante, che vuole lavorare con partita IVA, inserisca quello corretto per poter svolgere il lavoro in regola col fisco.

Dal punto di vista del regime fiscale, si delinea una scelta un po’ più delicata perché questa definirà i propri adempimenti nei confronti delle Entrate e i gli obblighi gestionali.

In Italia esistono più regimi fiscali, ma quello che conviene di più ad una badante o una colf che voglia lavorare in modo autonomo, è il regime forfettario.

Quest’ultimo può essere scelto solo se si rispettano una serie di punti, quali la tassazione, la gestione contabile e la semplificazione delle operazioni collegate.

I titolari di partita IVA, che emettono fattura nel regime forfettario, non devono assoggettare i compensi fatturati a ritenuta d’acconto. Attenzione però ai limiti di fatturato annuo per accedere al regime forfettario, che sono stati recentemente ritoccati (ora il tetto ricavi e compensi è pari ad 85mila euro all’anno.

Aspetti fiscali per le partite Iva di Colf e badanti

Come detto sopra, nel regime forfettario, la tassazione è assolutamente conveniente, visto che si applic una flat tax del 15% da versare sul fatturato lordo. In particolare, rileva l’agevolazione specifica per chi avvia una nuova attività e apre la partita IVA adottando il regime forfettario: l’aliquota sostitutiva è infatti corrispondente al 5% per i primi 5 anni. Le imposte sul fatturato sono quindi inizialmente molto ridotte.

Per questa via la colf o badante a partita IVA con il regime forfettario potrà pagare il 5% di tasse per 5 anni, e poi passare al 15% dal sesto anno in poi. Oltre all’aliquota vantaggiosa,  c’è un altro fattore che differenzia il regime forfettario dagli altri regimi fiscali, ovvero il calcolo dei costi. Se negli altri regimi fiscali le spese sostenute nell’ambito di un anno fiscale devono essere comprovate e documentate, nel regime forfettario le citate spese sono ipotizzate dallo Stato su base percentuale rispetto al fatturato complessivo.

In questo specifico caso, lo Stato attribuisce a ciascun tipo di attività il cosiddetto coefficiente di redditività, il quale serve a fissare in modo forfettario la percentuale delle spese rispetto ai ricavi.

Partita Iva per colf e badanti, quando non è obbligatorio

Per lavorare in proprio, non serve sempre aprire la partita IVA. Ad esempio il caso della badante che lavora come dipendente per una famiglia e vuole lavorare, saltuariamente, presso un’altra famiglia – svolgendo mansioni di colf o badante quando capita.

Infatti, se le prestazioni sono sporadiche e non superano il compenso di 10mila euro l’anno, la collaboratrice potrà limitarsi ad emettere una ricevuta di prestazione occasionale, che farà avere al commercialista in moda da inserirla in dichiarazione dei redditi

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