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Nonostante le numerose possibilità messe in campo dal Governo per spingere verso l’innovazione le aziende italiane, sono in poche quelle che realmente ci pensano.

Decreto aiuti

Il Decreto aiuti, energia e investimenti varato dal Governo, detta le nuove misure in materia di politiche energetiche nazionali, crisi ucraina, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti e politiche sociali.

Tra le novità per le imprese, anche il rafforzamento dei crediti d’imposta attualmente vigenti, finalizzati a sostenere le imprese nel processo di trasformazione tecnologica e digitale, consolidando quindi le competenze nelle tecnologie abilitanti per la transizione 4.0.

Rafforzamento incentivi 4.0

Il testo del Decreto, infatti, prevede due misure relative al settore 4.0 e inerenti al credito d’imposta messo a disposizione delle aziende per favorire gli investimenti e la formazione. Precisamente, viene stabilito quanto segue:

  • Per investimenti in beni immateriali 4.0 l’aliquota del credito d’imposta è aumentata al 50%, fino 31 dicembre 2022 o 30 giugno 2023, se è stato fatto un pagamento in acconto pari almeno al 20% del valore dei beni;
  • Per la formazione 4.0 invece, le aliquote del credito d’imposta per le spese di formazione del personale dipendente finalizzate all’acquisizione o al consolidamento delle competenze tecnologiche sono passate, dal 50 al 70%, per le piccole imprese e, dal 40 al 50% per le medie imprese.

La situazione delle imprese italiane

Nonostante gli aiuti, messi in campo dal Governo,  le imprese italiane sembrano non allineate con il periodo d’innovazione.

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Secondo un indagine di Unioncamere, solo una impresa su 3 è pronta a cogliere le opportunità delle nuove risorse espressamente dedicate al sistema produttivo.

Come ad esempio transizione 4.0 ed economia circolare. Solo il 16%, infatti, si è già attivato per aderire ai progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza,  mentre un altro 13% ha in programma di farlo.

Numeri molto più alti (70%) se si parla di aziende ancora ferme e senza interesse nelle molteplici occasioni di sviluppo a disposizione.

Addirittura, l’80% delle imprese di minori dimensioni, non ha nemmeno in programma di avvalersi di queste risorse, contro il 50% delle aziende medio grandi.

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